Racconti e riflessioni di alcuni partecipanti
alla vacanza cicloturistica lungo il Reno (agosto 2004)

Gli errori di questa vacanza - Paolo U.
Una vacanza irrinunciabile - Gianni
Carissimo gruppo “Solidarietà” - Eliana
Diario di una degente - Eliana
Proposte di miglioramento - Federico
Viaggiare in bici è... - Cristiana
Imprevisti - Maria

Gli errori di questa vacanza
Paolo U.

1. Calcolo chilometrico.
Non avendo trovato racconti o proposte per il nostro itinerario del Reno su Internet, ho fatto il calcolo dei km sullo stradario della Michelin (www.viamichelin.it).
In realtà la ciclabile è risultata molto più lunga ed il nostro tragitto è risultato quasi 100 km superiore rispetto al previsto; conseguenza è stata non tanto la fatica (oramai siamo abituati) quanto il disporre di poco tempo per visitare le città attraversate.
Dopo aver individuato l’itinerario, dovremmo quindi acquistare le mappe delle ciclabili (sito Internet www.esterbauer.com) per poterlo progettare con precisione.
2. Ostello per forza.
La scelta di condizionare l’itinerario alla presenza ed alla disponibilità di ostelli non sempre si è rivelata felice: vedi l’esempio di Brugg che ci ha costretto ad una lunga pedalata (82 km), a prendere il treno il giorno successivo e, come conseguenza, non abbiamo potuto visitare né Brugg né la bella città che la precedeva! In certi casi conviene cercare delle gesthouse spendendo anche 5-10 euro in più a testa.
3. Ostello in città.
La scelta di prediligere l’ostello di periferia a quello di città ha presentato alcuni inconvenienti:
Basilea: evitando l’ostello di Basilea e preferendo Lorrach abbiamo tagliato la visita a Basilea
Srasburgo: prediligendo l’ostello di periferia, più tranquillo, non siamo riusciti ad uscire dopo cena ed abbiamo perso quasi due ore per raggiungere il centro città e tornare all’ostello.
Conviene quindi dormire sempre nella città che si vuole visitare!
4. Le bici.
La nostra esperienza ci insegna che per fare cicloturismo non servono particolari bici! Escludendo le bici di Gianni e quella di Maria abbiamo delle bici piuttosto scadenti. L’importante, però, è averle efficienti, ovvero con buoni freni e copertoni! Queste caratteristiche non sempre sono presenti nelle nostre bici. Se penso ai copertoni di Alessandro, Alberto, Martina, Manuela, Federico (quelli che mi vengono in mente) ritengo che siamo stati piuttosto fortunati! Lo stato di un copertone per bici non si valuta, come quello delle auto, per usura del battistrada, ma per età! L’invecchiamento lo fa indurire, seccare fino ad ottenere un cedimento delle tele laterali! Oltretutto le nostre bici, piuttosto cariche, comportano una sollecitazione maggiore del cop. posteriore.
Se consideriamo che un copertone economico costa, dal ciclista, 5-6 euro, penso, e lo dico soprattutto come autocritica, che converrebbe provvedere prima della partenza.
Stesso discorso vale per i freni: una coppia di tacchetti costa sui 3 euro: è necessario che almeno il freno posteriore sia in perfetta efficienza!
5. Le fotocamere digitali
Quest’anno avevamo quattro fotocamere digitali: il grande errore è stato non aver sincronizzato, alla partenza, data ed ora delle stesse. In questo modo mescolando i file in una cartella del PC avrei avuto tutte le foto ordinate cronologicamente. Invece, nel nostro caso, erano settate su date diverse e le ho dovute riordinare tutte manualmente!

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Una vacanza irrinunciabile
Gianni

E’ la terza edizione della NOSTRA vacanza cicloturistica.

Siamo tutti d’accordo su tanti aspetti: … che è bella, …che è divertente, … istruttiva, . .. forse un po’ faticosa.

A tutti coloro ai quali racconto di questa e delle altre esperienze (Austria e Romantische Strasse), sottolineo il fatto che, per l’avvenire, questa sarà per me “una vacanza irrinunciabile”. Soprattutto insieme a Voi!

Ciò che più apprezzo è il sovrapporsi di emozioni, che scaturiscono dalle molteplici vesti e dai diversi ruoli che ricopriamo contemporaneamente: …. senza tante distinzioni fra papà e mamme, fra compagni e amici, fra meccanici e ciclisti, fra cittadini o turisti di un’Europa sempre più vicina a noi.

Sono le stesse sensazioni impresse sul “Libro degli Ospiti” nell’Ostello di Brugg; sono sentimenti forti, che non muoiono nell’attimo di una pedalata, ma restano per sempre, per tutto il tempo che precede e segue questo importante appuntamento (Castelluccio e Castelletta docent).

Arrivederci, allora, magari alla Badia o sull’Altopiano, che ne dite?

Ci sarebbe a Camporovere una casa per gruppi….

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Carissimo gruppo “Solidarietà”
Eliana

Certamente quando è stato scelto questo nome si pensava più ad un ideale che ad una profezia…
Scherzi a parte, desideravo con queste righe davvero ringraziarvi tutti per le splendide giornate trascorse insieme fra i boschi, i fiumi, il sole e la pioggia, l’amicizia e la condivisione.
Pensavo che avrei condiviso con voi un pezzo di strada, un’esperienza entusiasmante in bicicletta, la fatica delle salite e la gioia di una doccia calda dopo la pioggia battente, la bellezza del silenzio e qualche piccolo inevitabile screzio familiare.
Invece, in questi pochi giorni, abbiamo celebrato l’intimità del nostro anniversario di matrimonio e la tragicità di questa caduta che ha in parte interrotto anche il vostro andare. Non c’è male come intensità, eh?!
Se poi, a questo, aggiungiamo la cura e l’affetto per tre giorni verso le nostre tre figlie, lasciate con piena fiducia nelle vostre mani, non mi sembra inadeguato chiamare questo gruppo “Solidarietà” una vera benedizione e ciascuno di voi col nome di …AMICO.
Grazie di cuore.

Clinica Svizzera Rheinfeld Hospital
August 21st, 2004

PS: J miss you all, a let? (oramai le lingue sono diventate un giochetto, no?)

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Diario di una degente
Eliana

Agosto 2004

Ed eccomi qui, catapultata come una palla di cannone da una sella i bicicletta ad un letto di ospedale! Eh sì, certo, il paragone è abbastanza calzante visto che mi stavo proprio lanciando giù per quella discesa gustandomi la vita, la luce, la velocità e non accorgendomi, entrata nel bosco, del pericolo in agguato: la ghiaia! Risultato: un ginocchio un po’ spappolato e la degenza in una clinica svizzera per chi sa quanti giorni… Certo un fuori programma piuttosto tragico visto che ho rovinato le vacanze un po' a tutti, ma in particolare a mio marito, che ora condivide la mia stanza d’ospedale come “ospite”, mangia le specialità svizzere scegliendole giorno per giorno da un menu e fra un pasto e l’altro va a fare shopping in Germania (di là del fiume) perché qui è tutto troppo caro a suo dire.
L’incidente è capitato mercoledì 18 ed ora è sabato mattina. Ieri Paolo mi ha procurato carta e penna per riempire questi lunghi tempi in ospedale e finché scrivo il mio ginocchio, ora adornato da una bella ferita di 12 centimetri, sta cominciando la riabilitazione grazie ad un simpatico marchingegno che qui chiamano Kinesiterapia. Devo dire che nella sfortuna – visto che sono un’inguaribile ottimista – sono “caduta” bene: questa clinica di Rheinfelden è piena di bei medici, innanzitutto, che si stanno rivelando anche bravi, il personale è gentile, disponibile e molto silenzioso (niente le grida e lo sbattere di strumenti metallici di varia natura che caratterizzano i nostri più “rusteghi” ambienti, ma anche più conviviali).
Le tecnologie e l’asetticità (esiste?), poi, sono proprio svizzere: per pulirmi la ferita passano con un bastoncino imbevuto di disinfettante una sola volta, in una sola direzione e poi ne prendono un altro sigillato, e via così per non so quante volte. Tutte le stanze e i bagni hanno un lavandino con disinfettante, sapone “non sapone”, cioè un detergente che non ha bisogno di risciacquo, spugnette di cotone, eccetera. Il letto ha due pulsanti elettrici, uno per alzarmi e abbassarmi rispetto al pavimento e l’altro per alzare la testa e la schiena (altro che le tecnologie meccaniche a manovella delle nostre parti…). Ho il telefono personale in camera e quando ti portano il tè, ti lasciano un thermos di acqua bollente da 1 litro e una scatola con circa 10 tipi diversi di tisane tra cui scegliere… Per una patita come me è quasi un paradiso, finché non arriverà il conto!!
Ma la cosa che più mi ha impressionato e desidero farne tesoro per la vita è il rispetto per il paziente che tutti, ma in particolare i medici hanno dimostrato. Tanto per incominciare appena giunta in ospedale, mentre il medico del pronto soccorso che mi aveva accompagnato in autoambulanza spiegava più dettagliatamente cosa era successo e ciò che Federico aveva fatto come primo intervento, l’infermiere mi ha dato un antidolorifico. Chiarita la mia provenienza e la possibilità di parlare e comunicare in inglese, il chirurgo che poi mi avrebbe operata mi ha dato la mano e si è presentato. Sono rimasta senza parole: da quando in qua in Italia, il chirurgo si presenta con nome e cognome, ti parla seduto accanto, dopo aver analizzato la ferita ti dice esattamente cos’hai e cosa ti farà fra poco? E poi in sala operatoria lo stesso: tutti si presentano, ti spiegano via via cosa ti stanno facendo, si assicurano che tu stia bene, ecc. Davvero Svizzera!!
Stessa cosa in reparto. Quando si rendono conto che non sarà questione di un giorno di degenza, mi spostano dal day hospital al reparto. Mi sistemano in una stanzetta con lavandino e TV. Poco dopo bussano e penso sia Paolo. No era l’infermiera. E ogni volta che qualcuno entra, medici o infermieri o ausiliari bussano!! Venerdì viene a vedermi il primario di chirurgia: l’infermiere era passato cinque minuti prima ad avvisarmi che sarebbero venuti i medici e a disinfettarmi la ferita. Entrano e stessa prassi: mi danno la mano e si presentano. Paolo che mi è accanto fa cenno di uscire, ma il primario, assicuratosi che è mio marito, gli fa cenno di restare. Poi, con la fede matrimoniale che gli pende dalla catenina e i ricci neri scarmigliati, si avvicina ad analizzare la ferita. Anche lui è un bell’uomo, abbastanza giovane e molto lontano da quegli stereotipi di primari saccenti e boriosi che abbiamo ancora noi. Anche questa è Svizzera!
E me la porto nel cuore non solo per l’ordine, la cura, i silenzi gustati pedalando tra prati, paesi, coltivazioni di ortaggi lungo le sponde del lago, ma anche per questa esperienza fuori programma che mi ha fatto conoscere l’attenzione per la persona, il considerarla non un oggetto del proprio lavoro, ma un essere con la mia stessa dignità che merita il rispetto e l’attenzione che io porto a me stesso e a quelli che ho di più cari.

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Proposte di miglioramento
Federico

In testa e in coda al gruppo dovrebbero trovarsi due persone con conoscenza del percorso e (possibilmente della lingua indigena); in particolare in coda dovrebbe esserci un soggetto con esperienza di meccanica ciclistica e relativa attrezzatura.
Questi due dovrebbero essere dotati di mezzi di comunicazione (per es. due ricetrasmittenti...in commercio ce ne sono ad un prezzo ragionevole).
Potrebbe essere interssante, compatibilmente con il tempo a disposizione, mettere in conto un giorno "buco" in mezzo alla settimana per "leccarci le ferite".Forse la durata e la lunghezza dei vari percorsi giornalieri è un po' lunga....potrebbe lasciar posto a qualche escursioneturistica in più.
Comunque è stato BELLISSIMO !!!! E ALLA MIA FAMIGLIA VA BENE ANCHE COSI'.
E grazie ancora di averci fatto partecipi di questa esperienza !!

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Viaggiare in bici è...
Cristiana

E’ l’allegria di chi ti accompagna,
è il gusto di arrivare,
è il fidarsi di chi fa l’itinerario (ma che purtroppo non conosce il significato di “salita”)
è lo spingere controvento,
è il paesaggio che scorre lentamente,
è la sorpresa dei posti che attraversi,
è il fare a meno di tante cose,
è salire sul treno (al volo) con la bicicletta (carica) in braccio!,
è lo sdraiarsi su un letto la sera e “perdere i sensi”…
è….
…ma sì, questo è VIAGGIARE IN BICICLETTA (con un cammellino al seguito).

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Imprevisti
Maria

Mi stavo chiedendo chi ce lo aveva fatto fare…il disagio più grande era che non ci vedevo proprio niente!! Se riuscivo a spostare il cappuccio, non riuscivo comunque a tenere gli occhi aperti; potevo a malapena guardare verso terra, e riuscivo a vedere solo qualche metro davanti alla mia ruota. Avevo l’impressione che anche chi stava davanti (Gianni o Paolo?) avessero la stessa difficoltà: ogni poco eravamo costretti a fermarci, ad un incrocio, sul marciapiede, in un parcheggio, e non sapevo perché.

E poi ti sentivi così impacciato, con la giacca appiccicata addosso, fredda, i pantaloni appiccicati alle gambe, e quei ridicolissimi copriscarpe che Paolo ci aveva procurato!! Pensavo a come avevo più volte commiserato quelli che vedevo passare in quelle condizioni!

Uffa, ed eravamo partiti da poco, sembrava che la situazione stesse addirittura peggiorando; e se fosse rimasto così tutto il giorno? A un certo punto ho sentito che avevamo fatto solo 14 dei circa 85 km che ci aspettavano!! Ma quello doveva essere il piacere di una vacanza? Solo Cristiana sembrava contenta e a suo agio!! Boh!!!

Pensavo a come in bici ci si senta “scoperti”, o meglio, a come un tetto o una macchina ci rendano “invulnerabili” al freddo, al caldo, alle salite, alla distanza e ….

Poi.., non volevo illudermi ma, davvero era già passato tutto?
Davvero era stata solo un po’ di … PIOGGIA ?
Ci stavamo già piacevolmente asciugando al sole, avevamo già dimenticato il disagio: tutti a posto e di nuovo di buon umore?!

E’ vero, allora, che come ha detto una guida di escursioni ciclistiche, non abbiamo motivo di temere la pioggia: …. NON SIAMO MICA FATTI DI ZUCCHERO !

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