Bihac, Cazin, Bosanska Krupa, Sanski Most, Bosanski Petrovac, Kulen Vakuf, Bihac |
Racconto
Colazione a buffet, fortunatamente, consumata nei tavolinetti all’aperto con un sottotofondo musicale molto ripetitivo (probabilmente si è incantato il disco). Verso le 8.30 riusciamo a partire. Prende il pulmino Edo e ci diamo l’appuntamento a Kljuc, che si trova a circa metà strada. I primi 40 km scorrono bene in quanto la strada fiancheggia il fiume; è prevalentemente bianca e con fondo sconnesso ma siamo abituati a molto peggio; notiamo un’area attrezzata lungo il fiume; ci fermiamo e alcuni di noi si fanno il bagno nelle fresche acque del Sana; il livello dell’acqua è basso, non supera il metro, e non ci sono pericoli. Giunti a Kljuc incontriamo Edo, comodamente seduto al bar con la compagnia di una fresca Radler (bevanda birra+limonata prodotta in Croazia e qui molto diffusa). Decidiamo di fermarci un paio d’ore prevalentemente per la spesa ed il pranzo in quanto nella cittadina non ci sembra che ci sia qualcosa di interessante da visitare. Verso le 14.30 ripartiamo; sappiamo che ci aspetta una lunga salita ed alcuni sono preoccupati; invece sarà tutta su comodo asfalto anche se con un po’ di traffico, camion compresi. Al pulmino Gabriele, Valentina e Flavia. In cima alla prima lunga salita il gruppo di ciclisti si ricompatta; un signore ci segnala la possibilità di bere; non si tratta di un bar ma di acqua fresca presa da un tubo vicino alla sua abitazione; ripartiamo e dopo alcuni km incontriamo il pulmino, fermo davanti ad un bar; ci fermiamo per prendere qualcosa di fresco da bere; il più contento è il gestore che, probabilmente, ha rare occasioni di incontrare tanta gente (e di vendere tante bevande); è molto cordiale ed ha molta voglia di chiacchierare; sembra anche leggermente invaghito di Cristiana, che gli da spago, ma lei non sembra attratta da una prospettiva di vita di barista in un desolato locale bosniaco.
Cambio guida pulmino: sale Stefano, provato dalla lunga salita, scende Gabriele. Giunti in hotel, facile da individuare in quanto si trova lungo lo stradone, si ripete la tradizionale storia: camere sì e cena no; la mia e-mail di protesta non ha sortito alcun effetto. Oramai sappiamo come comportarci: mettiamo in contatto il gestore (in questo caso particolarmente antipatico) con il referente bosniaco e le cose “miracolosamente” si aggiustano.
Prima di cena faccio un giro in centro con Francesco; come ogni cittadina attraversata non offre niente di storicamente e artisticamente interessante, ma è bello avvicinarsi a qualcuno e notare la voglia di comunicare; purtroppo le nostre lingue difficilmente si incontrano; noi italiano e un po’ di inglese, loro bosniaco e un po’ di tedesco. Una signora, nei giardini davanti la moschea, ha con sé 6 bambini; riusciamo faticosamente a capire che gestisce un centro di accoglienza per bambini orfani e ne ha 14...ma non riusciamo a capire altro.
La cena è abbondantissima: un secondo di carne con piatti talmente colmi che sembravano doppie porzioni; ovviamente quasi nessuno di noi riesce a mangiare tutto ma, per evitare sprechi e con un certo spirito di previdenza, mettiamo la carne avanzata su alcuni contenitori di plastica.
Dopo cena la solita passeggiata digestiva.
Km 80 con circa 1000 m. di dislivello, ma questa volta tutto su asfalto. |